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Un pavimento in grado di generare energia pulita. Per gli appassionati, un concetto tutt’altro che nuovo. Parliamo del pavimento piezoelettrico, capace di accumulare energia dal semplice calpestio dei passanti. Una tecnologia presentata in fase embrionale più di 15 anni fa, ma mai realmente decollata.

Oggi, la domanda crescente di energia ci impone di riesaminare anche questa possibilità. Scopriamo dunque se dobbiamo ancora credere nello Smart Energy Floor (uno dei tanti nomi con cui è stato presentato) e se, prima o poi, lo vedremo protagonista nelle nostre case e nelle nostre città.

Un breve ripasso: come funziona lo Smart Energy Floor?

A produrre energia in un pavimento intelligente sono le singole mattonelle, in grado di convertire l’energia cinetica del calpestio in energia elettrica pulita.

Il segreto di queste mattonelle risiede tutto nel materiale di produzione, dalle proprietà piezoelettriche. 

Applicando una forza esterna ad un qualsiasi corpo piezoelettrico, infatti, si ottiene una deformazione in grado di alterare la condizione di neutralità elettrica del materiale.  Avremo quindi una faccia della mattonella carica negativamente, e l’altra, positivamente.

Quando le due facce vengono collegate a un circuito esterno, ecco che si genera corrente elettrica.

Il voltaggio sarà proporzionale alla pressione esercitata sulla superficie. Un singolo modulo può arrivare a generare fino a 7 watt per passo – abbastanza da accendere un lampione led per circa 30 secondi – con un’efficienza che va dal 50% all’80%, a seconda della casa produttrice.

Con queste premesse, è naturale pensare alle potenzialità di applicazione in zone urbane ad alto traffico. 

Perché allora, non ne sentiamo parlare? Cosa è andato storto? 

Costi da capogiro

In Italia possiamo attribuire la paternità di questa tecnologia all’azienda sarda Veranu, che presentò un pavimento intelligente di facile installazione, riciclabile e capace di connettersi alla rete elettrica.  In quell’occasione, a mancare furono i fondi: i costi di produzione si rivelarono esorbitanti e l’azienda non fu mai in grado di portare sul mercato il suo prodotto.

Curiosando su internet, troverete storie analoghe, accomunate da un fil rouge: i costi.

Il principale neo di questa innovazione è appunto il prezzo, decisamente fuori mercato: si calcola che una mattonella di circa 75 cm2  possa arrivare a costare tra i 500 e i 2750 euro, a seconda della sua efficienza.

Insomma, il sogno di lastricare le nostre città con pavimenti smart è ancora lontano.

Per ora, possiamo accontentarci di piccolissime sperimentazioni il cui contributo energetico è veramente limitato. Mattonelle piezoelettriche si sono viste a Londra, durante i Giochi Olimpici, e in diverse piste da ballo, note come Sustainable Dance Floors, disseminate per l’Europa.

Dobbiamo arrenderci? Non ancora.

Il futuro del pavimento piezoelettrico

Escludendo il declino o un sostanziale finanziamento governativo, due sono gli scenari possibili.

Il primo, prevede l’abbattimento dei costi di produzione con l’introduzione di materiali piezoelettrici meno cari, meglio ancora se riciclati. In questo ambito, vi segnaliamo la ricerca dell’Università del Wisconsin, che ha sviluppato un rivestimento piezoelettrico a partire dagli scarti della fibra di legno.

La seconda ipotesi prevede uno sviluppo orientato esclusivamente all’applicazione in campo industriale: mattonelle più resistenti, in grado di sopportare e convertire le sollecitazioni di grossi macchinari, potrebbero essere introdotte con successo in fabbriche e magazzini. Contribuendo in maniera più sostanziale alla produzione energetica in azienda, si potrebbero rivelare un investimento più che conveniente, al netto di costi produttivi ancora alti.

Non ci resta che aspettare, dunque.

Consoliamoci pensando che all’industria della moda non è andata meglio: il progetto SolePower, per la produzione di scarpe con solette piezoelettriche, è fermo su Kickstarter dal 2016.